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al testo di Amina Narimi
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È lei che dona il fiato- nel momento stesso in cui rivela che stiamo soffocando stretti alla sua terra, nel sottosuolo della lingua nella quiete degli specchi-
l'anima - e le mani, quanto più difetta la ragione, di quando sei innocente- nello stesso paradiso conosciuto dove continuare nell'unione della terra
-ad ogni orgasmo non perdiamo la purezza, che ci copre come un abito di lana dalle sferzate dei nostri padri, e Dii gelosi di quando entriamo in fondo al petto, stiamo solo passeggiando, fra cieli e terre, con l'imene intatto, sull'impronta del più piccolo respiro-
non lasciare che la luce di un oscuro abbassi le tue braccia come i gigli d'oro alle bambine, in piccole tombe, senza avvenimenti, di ogni ultimo accadere non c'è dramma che addomestichi le cose, loro nuotano, o si alzano, nel nulla danzano...! scavando nella gola come un nido un urlo folle di gioia lancinante, in cui ogni singola parola è non un'altra che ricorda, ma sei tu fino al nudo, nel principio, senza più separazione-
alla fine delle acque, formando come un arco, che si spalanca grondando sangue, la nostra sposa.
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